E parlò il l’Eterno a Moshè dicendo: Parla ai figli dIsraele e prendano per Me un offerta; da ogni uomo che ne abbia la volontà prenderete la mia offerta.’” (Esodo XXV, 1-2)

La spiegazione è da ogni uomo’ e non da ogni donna, poiché da una donna che abbia marito non prendono i tesorieri della Zedakkà una cosa grande così come è insegnato alla fine del trattato di Bavà Kammà (119a). E nel primo capitolo del trattato di Shekalim questo verso viene riferito allofferta dei mezzi sicli, e le donne ed i bambini non offrono i mezzi sicli.” (Meshech Cochmà in loco).

Da questa settimana intraprenderemo, a D. piacendo, un ciclo di Parashot che ci accompagneranno nella costruzione del Santuario. Saranno Parashot piene di pesi e misure, di materiali e progetti architettonici. Da questo punto di vista sono senza dubbio Parashot la cui comprensione, persino nel senso piano del testo, richiede uno sforzo sicuramente maggiore rispetto ai grandi prodigi delle prime Parashot dell’Esodo. Ma il compito dell’ebreo è quello di scavare nella Torà, capirne il senso e capire ciò che Essa richiede da noi. La sfida è appunto capire come la prima delle Dieci Parlate, ‘Proprio Io Sono’ ha lo stesso valore del verso ‘e la sua concubina si chiamava Reumà’.

Gli arredi del Santuario, lo si è detto più volte in queste nostre derashot, non sono dei semplici oggetti: essi nascondono il piano di D. per il mondo e descrivono in maniera minuziosa i nostri rapporti orizzontali e verticali.

Già negli scorsi anni abbiamo ad esempio affrontato una stranissima mizvà: quella del divieto di rimuovere i ‘badim le aste con le quali si trasporta l’Arca.

Il Sefer Hahinuch codifica tre mizvot nella nostra Parashà: la costruzione del Santuario, l’obbligo di ordinare il Pane della Presentazione sulla Tavola nel Santuario e la proibizione di rimuovere i badim appunto.

Il Meshech Cochmà propone un interessante simbologia. L’Arca rappresenta certamente la Torà e quindi il Talmid Chacham, il Dotto. I badim, le aste, sono coloro che sostengono economicamente i Saggi. Per questo spiega il Meschech Cochmà il Talmud asserisce (TB Yomà 72b) che l’ordine viene dato al singolare (a Moshè, Deuteronomio X,10) mentre l’esecuzione avviene al plurale (Esodo XXV,10). Da qui il Talmud impara che coloro che abitano nella stessa città di un Saggio hanno l’obbligo di sostenerlo economicamente. Dunque le aste sorreggono l’Arca e non devono mai dipartirsi da essa a testimoniare che mai deve venir meno il sostegno materiale del pubblico al Saggio.

Ed ecco che questo sostegno non deve essere necessariamente funzionale, ossia legato all’eventualità che il Saggio sia in difficoltà, esso è piuttosto strutturale, così come le aste sono a sostegno dell’Arca anche quanto questa è nel Santo dei Santi e non deve essere mossa. Idealmente l’Arca è in movimento, poiché la Torà lo è. Ed ancora, così come impariamo che in realtà è l’Aron che sostiene i leviti che lo caricano a spalla e non viceversa (TB Sotà 35a), allo stesso modo è il Saggio che sostiene spiritualmente coloro che lo assistono e che provoca il loro arricchimento, giacché questi amministrano degnamente quanto loro affidato da D..

Per questo lo Yerushalmi (Sotà 7,4) insegna che una persona che non ha studiato né insegnato e non è neppure osservante ma sostiene i Dotti anche se non ha molti mezzi finanziari, riceve la benedizione Divina.

Ed è notevole che l’esempio che porta il Meshech Cochmà è Todos Ish Romi. Quel Todos di Roma, che inviava della mercanzia ai Saggi in maniera che si alimentassero di essa (TJ Pesachim cap.7). È lo stesso Todos ci insegna il senso profondo della piaga delle rane e che permette ancora oggi a noi romani l’eccezione della carne arrostita la sera di Pesach.

Spiega il sefer Hachinuch che gli arredi del Tempio hanno una loro forma ideale e l’Arca è completa quando ha le aste. Esse non sono funzionali, sono strutturali. Sono parte integrante. Non servono a trasportare l’Arca, servono a trasportare coloro che trasportano l’Arca, così come è il Saggio a sostenere coloro che lo sostengono.

Ed ancora il Mesech Cochmà paragona questo alla nota opinione del Maimonide circa l’accensione della Menorà. (Mizvà 25).

Secondo il Maimonide il nucleo della mizvà è la preparazione dei lumi, il pulirli, il prepararli e nell’accendere quelli che si sono spenti. Ossia il preparare i lumi coincide con l’accenderli. Il Maimonide sposta la nostra attenzione. Non è la luce dell’accensione, quella che testimonia la presenza di D. a contare, è il processo di preparazione fatto dall’uomo. E per questo ciò avviene di giorno, per insegnarci che così come di giorno non servono lumi così Iddio non necessita della nostra luce ma ci insegna un processo di preparazione e di miglioramento. Così come la preparazione dei lumi è parte principale della loro accensione, così il sostenere i Saggi è parte integrante del loro studio.

Lo stesso Meschech Cochmà sottolinea come diverso sia invece l’approccio nei confronti del trasporto della Tavola del Lechem Hapanim, il Pane della presentazione.

La Torà ci comanda, proprio nella nostra Parashà, circa la presentazione ogni Shabbat di dodici pani freschi sulla Tavola del Signore. I pani della settimana precedente vengono mangiati dai Coanim. La Tavola è posta alla destra di colui che entra nell’Edificio del Tempio di fronte alla Menorà che è invece alla sinistra.

Anche la Tavola ha delle aste per essere trasportata ma queste non debbono obbligatoriamente rimanere attaccate ad essa. Tuttavia anche la Tavola, rimane un oggetto itinerante, mobile.

Ciò si evince da un’affascinante discussione alla fine del trattato di Chagghigà (26b) circa la possibilità per la Tavola di divenire impura. Tutti gli arredi del Santuario venivano infatti immersi in un mikwe dopo le feste a causa della sospetta impurità di coloro che venivano al Tempio, degli ignoranti tra di loro.

I Saggi ammonivano i Sacerdoti, che entravano ogni giorno dopo la presentazione dell’incenso a prostrarsi all’interno del Santo, di non toccare la Tavola. Infatti se si fosse resa impura la Tavola si sarebbe squalificato il Pane su di essa, cosa miracolosamente mai avvenuta come si impara nel trattato di Avot.

Il problema è che un oggetto di legno che non si muove mai non prende impurità ed in linea di principio la Tavola non si dovrebbe mai muovere giacché la Torà utilizza la parola tamid, sempre, per indicare la sua presenza dinanzi al Signore. Il Talmud in loco ci insegna che i Coanim alzavano però la Tavola durante le feste per mostrarla al popolo che era nel cortile del Tempio dicendo loro ‘Guardate quanto siete cari dinanzi al Luogo’. Rabbì Jeoshua ben Levi spiega che ciò che il popolo vedeva era che il pane era ancora caldo come nel momento in cui era stato cotto.

Ed infatti i Saggi insegnano che quando i Coanim lo mangiavano una settimana dopo la cottura era ancora fresco. Secondo un’altra versione riportata da Rashì i Coanim non si limitavano ad alzare la Tavola senza uscire dal Santo, essi portavano la Tavola in processione nel Cortile proprio per far vedere il pane caldo al popolo in pellegrinaggio. Questo non contrasterebbe con il fatto che la Tavola era sempre dinanzi al Signore. Capiamo allora che l’Ammonimento di non toccare la Tavola non è solo per i Coanim ma anche per il popolo che si trovava nel cortile (Rambam Hilchot Mischav Umoshav 11,11 e Mishnè LeMelech in loco).

Dunque la Tavola si muove e muovendosi può ricevere impurità rituale.. Per questo bisogna stare attenti.

Rabbì Eliau Gutmacher spiega che ciò avveniva proprio nelle feste perché il popolo aveva compiuto un grosso atto di fiducia nel lasciare i propri beni incustoditi e salire a Jerushalaim in pellegrinaggio. Il mostrare il Pane era il simbolo del fatto che così come Iddio custodiva il pane e non lo lasciava freddare né guastare, così proteggeva i beni del popolo.

Se dunque il concetto chiave della trasportabilità dell’Arca è il sostegno economico ai Saggi, il concetto chiave del trasporto della Tavola è la sua condizione di possibile impurità.

Questa è forse la risposta del Meshech Cochmà alla domanda aperta dalle Tosafot circa la condizione che gli arredi avevano nel deserto quando venivano comunque trasportati sempre. In questo senso, spiega il Meshech Chochmà, l’Arca non si muove dal Santissimo ma è concettualmente in movimento perché non si creda che la Torà ha raggiunto il suo obbiettivo, essa è un processo continuo. La Tavola invece si trasporta fisicamente anche per mostrarla al pubblico.

Questa condizione della Tavola, che rappresenta gli alimenti di Israele, è particolarmente interessante. Il problema di fondo che hanno i Saggi nelle ultime pagine di Chagghigà è appunto come relazionarsi con la maggior parte del popolo che è ignorante e poco ligia alle mizvot. Fino a quanto ci si può fidare di loro per quanto riguarda la purità?

Ed il richiamo è evidente. La materialità deve essere usata al servizio di D. Il non plus ultra della materialità è la Tavola del Pane del Santuario. Ma può ricevere impurità. La materialità ci può sopraffare. È necessario usare nei confronti della purità dei nostri mezzi economici un’attenzione maggiore persino rispetto allo studio.

Il problema dei Chachamim è il problema di chi cerca di capire cosa si può fare con delle tasse della comunità che derivano da redditi da lavoro fatto di Shabbat. Come si fa a tenere unita una comunità fatta di dotti e di ignoranti?

Sono problemi aperti che richiedono una grossa attenzione. Non solo dobbiamo fare di più per essere aste dell’Arca per i Saggi, ma dobbiamo stare attenti a non rendere impura la Tavola.

Dopo essersi affrontati aspramente Rabbì Jochannan e Resh Lakish dicono entrambi ‘Quando cè il Bet Hamikdash laltare espia per luomo, [adesso che non cè] la sua tavola espia.’ (TB Chagghigà 27A)

Oggi che il mondo del Santuario vive solo nelle pagine di Ghemarà che Israele studia, è la Tavola dell’ebreo il suo altare e la Casa il Suo Santuario.

Capiamo allora il riferimento iniziale del Meshech Cochmà al fatto che non si accettano offerte sostanziose dalle donne. La Ghmarà spiega appunto che si accettano solo quelle cose per le quali è evidente l’accordo del marito, il frutto del lavoro di lei, o cose di poco valore.

È straordinario il nostro Sforno che commenta il famoso accompagnamento delle donne da parte degli uomini quando portavano le offerte (Esodo XXXV,22) dicendo che gli uomini andarono con le donne perché non si accetta dalle donne una cosa di valore. Ossia per permettere alle donne di portare cose di valore gli uomini andarono con loro a testimoniare il loro consenso. Ma si capisce da qui che l’iniziativa è delle donne.

Uomo e donna hanno funzioni diverse e complementari nella Casa d’Israele che è oggi il Santuario del Signore. Non sempre, abbiamo visto, colui che crede di portare porta realmente. Così apparentemente sembrerebbe mortificante per la donna non poter disporre di volontà propria per fare zedakà. In vero, come per l’Arca è la Torà a sostenere i leviti così in realtà è la donna che viene mantenuta dal marito a sostenere quest’ultimo poiché, come insegnano i Maestri, il benessere economico dell’uomo dipende dall’onore che questi dà a sua moglie.

La Torà non vuole che la donna non dia, vuole che l’uomo sia costretto ad andare con lei ed imparare come ci si dedica al prossimo. Come ci si dedica al Santuario.

Ed eccoci allora alla terza delle mizvot della Parashà quella di costruire il Santuario. Ebbene, forse, secondo quanto detto da Rabbi Jochannan e Resh Lakish, costruendo una nuova casa ebraica oggi si può in qualche modo rimediare alla impossibilità di costruire il Santuario.

L’invito è dunque quello di capire che la casa ebraica è un Santuario, che deve essere luogo di incontro per Saggi e per bisognosi e soprattutto un luogo nel quale dimori sempre la pace.

Shabbat Shalom

Jonathan Pacifici  z”l

____________________________________

Fonte:  Shemot/Esodo 25,1 – 27,19 e http://www.archivio-torah.it/jonathan/1962.pdf

Testo Ebraico con traduzione italiana di Samuel David Luzzatto (1872 https://www.academia.edu/70417826/PARASHA_TERUMA_testo_Ebraico_con_traduzione_italiana_di_Samuel_David_Luzzatto_1872

Parashà Terumà: commento di Dante Lattes https://www.academia.edu/70331404/PARASHAT_TERUMA_commento_di_Dante_Lattes